Alcune sollecitazioni di un intervento a TgCom24 circa il vertice Pd-M5S di mercoledì 25 giugno meritano di essere approfondite.
Non è facile fare un’analisi dei risultati elettorali dal punto di vista dei soggetti che da quei risultati sono stati maggiormente stressati. Non solo i “grillini”, passati rapidamente da una vittoria che, a bocce ferme, è stata data troppo per certa, a un risultato talmente insoddisfacente da costringere i vertici del MoVimento a ricorrere a un celebre antiacido.
Se è vero che le decisioni di voto, in un’epoca in cui l’elettorato d’appartenenza è solo un lontano ricordo e la sua “fluttuanza” aumenta da una prova delle urne alla successiva, uno sguardo ai temi dell’ultima settimana di campagna elettorale, da lunedì 19 a venerdì 23 maggio, può dare qualche spunto a chi cerca attuare il difficile mestiere delle previsioni di voto.
Ci sono testi che fanno la storia di una disciplina, non solo per l’analisi che propongono, ma per la capacità di azzeccare la metafora. Lungo tutto il corso della cosiddetta Seconda Repubblica, il rapporto fra politici e politici, e fra politici e giornalisti, è stato Come nella boxe, secondo un celebre saggio di Omar Calabrese, che a sua volta riprende uno scritto di Roland Barthes. Non è stato, però un incontro di boxe quello che abbiamo visto a Porta a Porta ieri, 19 maggio 2014.
Nella sin troppo ricca offerta dei temi che la campagna elettorale ha presentato, all’interno dei talk show delle sette reti generaliste[1], nella settimana compresa tra il 5 e l’11 maggio[2], spiccano una issue pura (legata ad un avvenimento esterno alla volontà del sistema politico e di quello mediale), il caso degli scontri allo Stadio Olimpico, e ben quattro issue indotte (individuate, selezionate e poste al centro del dibattito pubblico in modo autonomo da uno degli attori), con un unico autore: Matteo Renzi.
È ingiusto con se stesso Grillo a dichiararsi non democratico durante le consultazioni tra Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle. Soprattutto perché il cuore del suo discorso non è antidemocratico, è antipolitico, e nello specifico antiparlamentare. Ma una domanda rimane: cosa ci fa una forza politica antiparlamentare in Parlamento? Vive – e prospera – della sua stessa presenza. Di una coerenza che, sarà la lente a volte distorta del video, si fa format.
Quale ruolo per il cosiddetto populismo mediatico nell'Italia del 2013? Quali effetti sul clima d'opinione dalle strategie elettorali e post-elettorali di Berlusconi e Grillo? Se ne discuterà giovedì 4 luglio, alle ore 17.00 presso l'aula Mauro Wolf, primo piano via Salaria 113, a partire dai contributi dell'ultimo numero della rivista "Critica Marxista". Dopo l'apertura dei lavori di Vincenzo Vita e Mario Morcellini, parteciperanno al dibattito Nicola D'Angelo, Serena Gennaro, Christian Ruggiero, Aldo Tortorella e Sergio Zavoli.
Neil Postman con il suo Amusing Ourselvest to Death nel 1985, Giovanni Sartori con Homo videns. Televisione e post-pensiero nel 1997 molto più che con il capitolo aggiuntivo sul “Videopotere” nella terza edizione del suo Elementi di teoria politica nel 1995, sono gli esempi più “classici” di come finissimi pensatori abbiano sancito la mutazione antropologica dell’uomo a partire dalla centralità del video.
Sabato 9 marzo Matteo Renzi, intervistato da Fabio Fazio a Che tempo che fa, ha espresso posizioni di grandissimo buonsenso. Tranne una.