La campagna elettorale si evolve, l’agenda si modifica. La rilevazione dei dati dei temi nei talk show d’approfondimento nella settimana tra il 1° e il 6 febbraio segna una prima ma importante discontinuità.
“Che noia i talk di approfondimento”, lamenta Aldo Grasso sul Corriere della Sera del 22 gennaio. Tra le ragioni addotte dal celebre critico televisivo, tuttavia, almeno una merita di essere in parte smentita.
Abbiamo già riflettuto sulla peculiare strategia adottata da Silvio Berlusconi nei confronti della presunta partigianeria dei talk italiani, prima di tutto Ballarò, nel trattare tematiche sensibili per la governance del paese. Il 27 ottobre scorso, intervenendo in una puntata dedicata alla giustizia, il Premier aveva “chiuso” forzosamente il dibattito intervendo in chiusura di trasmissione, e lasciando il conduttore nella difficile condizione di “far dialogare” il suo intervento con le posizioni degli ospiti presenti in studio, di rimettere in moto in extremis il meccanismo dello spettacolo della parola, che del dibattito appunto, e non di monologhi si nutre (Pezzini, 1999).
C’era una volta un leader dalle certificate capacità mediatiche, che, al centro delle polemiche giudiziarie di una campagna elettorale ad alto tasso di drammatizzazione (Pasquino, 2002), telefonava in diretta in una celebre trasmissione televisiva.