Giovedì 28 aprile si è tenuto presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione, un seminario dal titolo “Le rivoluzioni di Internet? Il ruolo dei nuovi media nella primavera araba”. Le rivolte che hanno infuocato il Maghreb (e non solo) sono state spesso definite “le rivolte di Facebook”, sottolineando in questo modo il ruolo svolto dalle tecnologie 2.0 nella loro organizzazione. Su questa interpretazione si è aperto un ampio dibattito tra entusiasti e scettici riguardo all’apporto dato dai social network alla partecipazione politica (riportato, ad esempio, dall’autorevole rivista Foreign Affairs).
La storia della comunicazione politica sembra compiere un ulteriore passo con ogni nuovo Presidente degli Stati Uniti. Lo staff presidenziale addetto alla comunicazione, infatti, arriva sempre alla Casa Bianca con una innovativa ricetta per gestire in maniera efficace i media.
Inizio settembre 2010: l’America e il mondo intero si stanno preparando a celebrare il nono anniversario dell’attacco alle Torri Gemelle, prendendo in considerazione l’idea di costruire su quel luogo, non più simbolo della finanza globale ma del terrorismo a sfondo religioso, una moschea ed un centro islamico.
Mentre in tutto il mondo, la comunicazione è diventata il settore trainante dell’economia e elemento fondamentale per ogni campo della società, in Cina la battaglia per affermare la libertà di consultare e di intervenire nelle Rete mondiale è ancora molto lunga.
Tokyo - Il 30 agosto scorso il Giappone è andato alle urne e la stampa mondiale ha dato giustamente risalto ad un voto che ha segnato un cambiamento storico degli equilibri politici di questo moderno e tecnologico paese, con la schiacciante vittoria del partito democratico su quello liberaldemocratico da 54 anni al potere. Non ha trovato eco, invece, sui canali di comunicazione internazionali la notizia che in uno dei paesi tecnologicamente più avanzati, la rete ed i nuovi strumenti di comunicazione – come i social network e persino la posta elettronica – siano stati completamente esclusi dalla campagna elettorale. Non è tuttavia nella censura o nel controllo governativo dell’informazione che va ricercata la causa.