Tre personaggi in cerca di campagna

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La seconda settimana di rilevazione dell'Osservatorio Mediamonitor Politica si chiude con una domenica particolarmente ricca: Matteo Renzi da Lucia Annunziata, Luigi Di Maio da Barbara D'Urso, Silvio Berlusconi da Giovanni Minoli. Due gli elementi di interesse che emergono da una lettura incrociata di queste ospitate, uno legato, ancora, all'agenda di campagna, l'altro a una più precisa comparazione delle performances.

Tra il 12 e il 18 febbraio, un terzo delle puntate dei talk show serali e domenicali analizzati ha "aperto" con la "Rimborsopoli a 5 Stelle". In questo senso, è l'ospitata di Di Maio a Domenica Live a concludere idealmente la settimana di campagna, concedendo una sorta di "rimborso" al leader del MoVimento che ha ben 8 minuti a disposizione per spiegare come, a fronte delle otto "mele marce" scoperte da "Le Iene", la stragrande maggioranza degli eletti 5 Stelle, partendo dal caso suo e da quello del deputato Bernini, che ogni giorno ha preso il treno da pendolare da Viterbo, si siano prodigati a mettere da parte, con le proprie rinunce, un tesoretto sufficiente a garantire un lavoro a 18mila italiani. Un comportamento che renderebbe ingiusto porre il MoVimento alla stregua degli altri partiti italiani, che si sono resi, senza mezzi termini, complici perfino di quella malavita che, ricorda Di Maio tra gli scrocianti applausi del pubblico in studio, nella Terra dei Fuochi ha compiuto l'assassinio della sua gente.

Non solo: portato dall'amorevole conduzione della D'Urso a trattare dei "cavalli di battaglia" del programma del M5S, Di Maio riesce a coprire anche il secondo tema che, a sorpresa, risulta il più trattato nell'agenda dei talk: le pensioni. A parziale risarcimento della lamentazione sulla scarsa attenzione alle policy issues, infatti, la seconda settimana di rilevazione offre uno spazio pari a quasi la metà rispetto al "trending topic" della "Rimborsopoli" proprio a questo tema, che il leader del MoVimento inserisce in quatto minuti di fluido periodare che parte dallo scioglimento del presunto scetticismo della conduttrice sul reddito di cittadinanza e arriva, appunto passando per le pensioni di cittadinanza, fino alle nuove politiche a favore della natalità che il M5S sarebbe pronto a promuovere.

Ma torniamo all'elemento comparativo promesso: l'attacco, o meglio il contrattacco. Una strategia che accomuna in un certo qual modo la strategia di Di Maio a quella di Renzi, che trascorre invece la prima parte dell'intervista a "Mezz'ora in più" parlando di un nuovo voto utile contro la sinistra radicale di Grasso e di D'Alema (procedendo per slogan quali ogni voto a D'Alema avvicina Salvini al Viminale), del ruolo di Berlusconi, in bilico tra una destra moderata e una estremista, e del nuovo pericolo fascista in Italia (tema che, fra tutti, rifugge maggiormente, nonostante il palese interesse della conduttrice). La puntata procede, si passai ai 100 punti quasi noiosi del programma di governo del PD, ma presto si torna alla polemica, e con una certa maestria giornalistica Annunziata pone davanti all'ex Presidente del Consiglio un quadro a tinte fosche per il suo partito proprio nella cruciale Campania, con De Luca dimissionario e Siani volto pulito del partito che tiene a sottolineare, nell'intervista dell'inviata di "Mezz'ora in più", quanto il PD sia non credibile quanto lui. Comprensibilmente in modalità understatement sul secondo esempio, Renzi è invece pronto al contrattacco sul primo, e ha buon gioco a rivendicare il maggior clamore dello scandalo a 5 Stelle nella settimana politica.

Veniamo a Berlusconi. La parola-chiave dell'intervista con Minoli è probabilmente autoreferenzialità, a partire dal momento-nostalgia che vede entrambi specchiarsi in uno schermo che restituisce le loro immagini, ancora faccia a faccia, nel 1994. Ma analizzata secondo la chiave di lettura appena utilizzata, l'intervista di Berlusconi spicca rispetto alle precedenti per un diverso gioco di attacco e contrattacco. Laddove l'attacco è quello alle politiche di Minniti (non a caso al fianco di Renzi a "Mezz'ora in più") sull'immigrazione, inquadrata come il terzo tema assoluto di campagna dopo tasse e lavoro. Questo attacco è il nodo narrativo della prima parte del programma di Minoli, visto che il conduttore passa con nonchalance dall'endorsement alla posizione dell'ex Cavaliere fornito da Gratteri e Salvini a una piccola raffica di domande sul rapporto di coalizione tra il leader di Forza Italia e quello della Lega. Complice il clima più che rilassato, Berlusconi si dimostra di gran lunga meno aggressivo dei suoi due competitor anche televisivi, non solo perché è chiamato a ragionare di conflittualità intra-coalizione e non inter-coalizione, ma soprattutto perché, da bravo uomo di spettacolo, riprende con perizia il copione recitato da Lucia Annunziata la settimana precedente, la storia raccontata in ogni occasione a prescindere dalla contingenza tematica della settimana: l'accordo di programma, la libertà di scelta su tutto ciò che non è nel programma, la fiducia dell'Europa nelle capacità mediatorie di Berlusconi "contro" le possibili "intemperanze" di Salvini.

Pur dimostrando l'inossidabilità del suo script elettorale, Berlusconi si dimostra forse il meno "in linea" con i temi della settimana, lasciando sul tavolo un dato ben più scomodo, che emerge all'incrocio di queste due dimensioni d'analisi: quello di una maggior aderenza all'attualità politico-elettorale della trasmissione meno orientata al resoconto giornalistico. Che, forse, arriva così persino a "redimersi" dell'atteggiamento diversamente inquisitorio nei confronti del leader in studio.

di Christian Ruggiero