Il filo del discorso

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A tre settimane dal voto, la presenza di Silvio Berlusconi a Mezz’ora in più di Lucia Annunziata ha un pregio in particolare: il fluire, più stentato che in passato ma ugualmente incessante, delle parole del Presidente di Forza Italia riesce a restituire un’immagine consequenziale, se non coerente, di quella che finora sembra essere l’agenda di questa campagna elettorale. E facendo questo concede un po’ di respiro al corpo oppresso della telepolitica.

 

Compare sullo schermo dopo mezz’ora in cui Annunziata ha duellato con Salvini, l’ex Cavaliere, e investe i primi otto minuti della sua presenza in video a consolidare l’immagine di un centrodestra coeso, che, nonostante le “narrative diverse” che si possono fare in Europa, ha raggiunto il pieno accordo di programma – cosa che, a proposito di Europa, non era riuscita neppure ad Angela Merkel, tiene a sottolineare Berlusconi.

 

Inizia l’intervista, o meglio i venti minuti di libere associazioni durante i quali il Presidente di Forza Italia, dribblando i deboli tentativi di richiamo all’ordine della conduttrice, costruisce un quadro dalle tinte anche più vivaci di quello che viene restituito dall’agenda dei talk della settimana appena terminata.

Parla relativamente poco dei fatti di Macerata, Berlusconi, ma riesce a passare con invidiabile nonchalance dall’empatia per la vittima alla recriminazione per i governi di sinistra che non hanno fatto nulla per il controllo dell’immigrazione; dalle riforme sempre più necessarie per la definizione dello status di rifugiato alle percentuali dei furti che ogni giorno avvengono in case private, per strada, in un negozio; dalla necessità di siglare un accordo con i Paesi dell’Africa mediterranea, di unirsi alle potenze del mondo per un nuovo Piano Marshall, alla storiella della tribù del Congo riunita davanti a una tv donata dai cinesi che sogna l’Occidente.

Quando c’è andato in Congo, Berlusconi? Un attimo di stop, ed ecco che il filo del discorso torna a dipanarsi senza strappi: il periodo di forzato allontanamento dalla politica, il ritorno sulla scena, il futuro più che brillante (un 25% per Forza Italia e un 45% per la coalizione di centrodestra dati per certi); la pochezza degli avversari, nonostante l’iniziale fiducia nell’”uomo nuovo” Renzi e i recenti timori per il pericolo dei Cinque Stelle, ormai scampato – dichiara l’ex Cavaliere in esclusiva per Annunziata! L’impraticabilità di una grande coalizione, le sconfitte dei governi del recente passato, i livelli del PIL e un’altra storiella, quella dell’amico dell’Università della California che spiega il funzionamento della fabbrica del futuro, con tante macchine, un uomo e un cane.

 

Donna previdente, Lucia Annunziata, ha riservato per l’occasione – a tutti gli effetti una riappacificazione dopo quel burrascoso 12 marzo del 2006, da quel “mi alzo e me ne vado” che ha segnato la storia della telepolitica in Italia – un’ora intera per Berlusconi. Lo ha lasciato a briglia sciolta per metà del tempo, per l’altra metà riprende il controllo. Non che riesca ad arrestare lo sprint del suo ospite nel fornire le risposte, ma almeno riguadagna la possibilità di porre sul tavolo delle questioni. E dal canto suo Berlusconi ascolta in silenzio l’antico nemico Bill Emmott, l’autore della copertina dell’Economist “Why Silvio Berlusconi is unfit to lead Italy” del 2001, dipingerlo come un opportunista e, all’occorrenza, un estremista. Si lascia rimbrottare – sempre senza gran convinzione – mentre sfora i minuti concessi per dar lettura del suo programma. E mette in scena l’ennesimo coup de théâtre dichiarando di aver pronto nientemeno che un Ministero per il suo secondo avvocato accusatore, Cottarelli.

 

Si lasciano quasi da vecchi amici, Annunziata e Berlusconi. Lui le lascia una copia firmata del suo programma, evocando quello firmato in pompa magna nel 2001 nello studio di Bruno Vespa. Lei manda in onda uno stralcio di Linea tre del 1996, per mostrargli quanto era giovane agli inizi. Quel che c’è di spettacolare in questa puntata non è certo la conflittualità. Piuttosto, una leggerezza quasi calviniana che consente di superare almeno in parte il senso di oppressione che prende a osservare l’agenda della telepolitica.

 

Ha preso inizio con questa settimana la rilevazione dell’Osservatorio Mediamonitor Politica su temi e personaggi dei talk serali e domenicali delle sette reti generaliste[1]. Sommando le puntate che espressamente scelgono di aprire sui fatti di Macerata e quelle che tentano una diversa apertura ma tornano a concentrarsi sul “trending topic” della settimana entro il secondo tema trattato, circa metà delle puntate di talk show andate in onda tra il 5 e l’11 febbraio contribuiscono alla ben nota tendenza della telepolitica italiana a cannibalizzare episodi di “nera”. Un dato interessante considerando che è calcolato sull’agenda delle singole puntate: la forzata tendenza delle trasmissioni giornaliere a differenziare il set di temi trattati, dunque, non riesce più di tanto a “diluire” l’impatto di questo tema. Che sembra essere declinato, in più di un caso anche nell’ambito di una singola puntata, secondo le due direttrici dell’”emergenza sicurezza” (preponderante) e dell’”emergere dei neofascismi”.

 

Secondo e terzo classificato nella classifica dei temi della settimana, due “classici” del novero delle political e delle campaign issues, le discussioni intorno a candidature, alleanze e schieramenti pre e post elettorali, e l’illustrazione dei programmi politici (di norma “per contra” rispetto a quelli dei diretti competitor).

 

Ben miseri risultati per policy issues quali tasse e welfare, specie considerando che il secondo tema è chiamato in causa prevalentemente in riferimento ai dati sulla natalità, a loro volta ricondotti a quelli sulle politiche per le migrazioni. Occupazione e pensioni, poi, fatta salva per qualche rara polemica su Amazon, rappresentano singole eccezioni o poco più.

 

È questo quadro così fosco che fa sembrare più vividi i colori della tela tessuta da Berlusconi sotto lo sguardo paziente di Annunziata. Nella speranza che la settimana che sta iniziando possa restituirci nouances ancor più ricche. O almeno andare oltre le sfumature di nero.

 

di Christian Ruggiero



[1] Periodo: dal 5 febbraio al 2 marzo. Trasmissioni monitorate: #Cartabianca, Bersaglio Mobile, Dalla vostra parte, DiMartedì, Domenica In, Domenica Live, Faccia a Faccia, Mezz’ora in più, Kronos, Linea Notte, Matrix, Non è l’arena, Otto e mezzo, Piazzapulita, Porta a Porta, Propaganda Live, Quinta Colonna. Rilevatori: Tommaso Accomanno, Mauro Bomba, Paolo Campobasso, Matteo Carnevale, Gabriele Di Donfrancesco, Domenico Iannone, Cristiano Lo Conte, Giulia Mazzi, Tommaso Meo, Marco Toti, Ghandy Yepez.