The best is yet to come

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Il risultato del MoVimento 5 Stelle è imponente, ma non eccezionale. Nel senso che non si tratta di una eccezione, ma di un fenomeno che fa seguito a numerosi segnali, e dei più consolidati nelle analisi politiche ed elettorali: i risultati delle elezioni amministrative che hanno aperto la strada a queste consultazioni nazionali.

 

Chi segue la campagna attraverso i media è stato ancora una volta portato, in qualche modo costretto, ad osservare il dito e non la luna. Non ce ne pentiamo. Grillo ha calcato le scene della comunicazione politica in modo molto peculiare, anche e soprattutto in questo 2013, ma quelli che, in gradi diversi, sono risultati essere gli sconfitti, rappresentano dei casi di studio di enorme interesse.

Bersani, vincitore a metà (quantomeno, alla Camera ma non al Senato), che ha rappresentato l’unico punto fermo di queste elezioni politiche, il segretario di partito che si è sottoposto al gioco democratico delle Primarie e ha ottenuto la legittimazione popolare a presentarsi come candidato alla Presidenza del Consiglio. E che ha mancato sia di capitalizzare questa esperienza – con un maggiore e più coerente e convinto coinvolgimento nella campagna dei rappresentanti delle altre anime della sinistra che aveva guadagnato il diritto di rappresentare – sia si riuscire ad imporre la sua impronta sull’agenda della campagna. Dominata, quest’ultima, da temi “grillini” (gli scandali dell’economia e della politica) e “berlusconiani” (le tasse).

Berlusconi, il leader risorto come nella migliore mitologia eroica, che ha realizzato il miracolo comunicativo di lanciare un tema che è rapidamente divenuto “trending topic” (e non solo sui nuovi media) a metà campagna, e a rilanciarlo in chiusura con la lettera inviata a nove milioni di italiani perché potessero avere un segno concreto dell’impegno del Cavaliere a restituire l’IMU 2012 sulla prima casa. Che ha messo in campo una comunicazione per certi versi ipertradizionale – sono le basi del marketing, e neppure nella sua ultima versione: individua un bisogno del consumatore, scegli un claim che “dimostri” che la tua offerta intercetta appieno quel bisogno, e ripetilo a piè sospinto, impegnandoti all’occorrenza anche nel negative advertising.

Monti, il tecnico salito alla politica, le cui quotazioni sono universalmente state sopravvalutate, che per tutto il tempo dello spoglio dei voti ha dovuto temere l’entrata in entrambe le Camere e che, a urne chiuse, si ritrova ad essere una “peso” molto più piccolo del previsto sulla bilancia delle possibili alleanze. Un fallimento personale che contiene dentro di sé due tragedie politiche, quelle del centro di Casini e della destra di Fini che si trovano drammaticamente ridimensionate.

 

Grillo, dunque, è il vincitore. Ma c’è motivo di credere che dietro quel cancello buio che il Servizio Pubblico ieri mostrava agli italiani, forse nel tentativo di offrire un’immagine inquietante dell’inquilino di quella villa genovese, l’ex comico trionfatore delle elezioni politiche 2013, non fosse solo il momento di stappare champagne. Gli interrogativi che chi scrive ha sollevato all’indomani degli ottimi risultati del MoVimento 5 Stelle alle elezioni amministrative rimangono attuali, e in attesa di una risposta.

 

Ancora una volta, Grillo ha condotto la sua campagna nelle piazze reali e sulla Rete, sfruttando la televisione solo in funzione di amplificatore del suo messaggio apertamente antipartitico – e quindi di grande appeal nel periodo del minimo storico di fiducia all’istituzione-partito. Se i media mainstream hanno certamente mancato nel predisporre opportune contromisure al comportamento comunicativo di un leader che li ha formalmente ignorati, ma che proprio così facendo ha avuto garantita una copertura ampissima e sostanzialmente senza contraddittorio, non è poi così certo che il perdurante successo elettorale del MoVimento significhi una capacità della Rete di strutturare il consenso politico (Morcellini, 2011b). Piuttosto, sarà interessante vederne una reale applicazione all’azione politica di routine che implica l’essere entrati in Parlamento.

 

Ancora una volta, il leader del MoVimento 5 Stelle ha saputo sfruttare la funzione di differenziazione, per un soggetto emergente, dal bancone dell’offerta politica esistente. Riprendendo le parole di Campus (2006, p. 23) “attraverso la denuncia dell’incapacità della classe dirigente e della sua malafede nell’ingannare e/o sfruttare i propri concittadini, il nuovo entrato, sia esso un leader, un movimento o un partito, trova una collocazione nello spazio politico e una sua legittimazione, caratterizzandosi come opposto alle élite al potere”. Grillo, e i candidati del MoVimento 5 Stelle, vantano ancora, e con maggior forza del passato recente, “la capacità di elaborare una visione ambiziosa e spesso originale di come i problemi politici possono essere risolti”, nonché “il coraggio e disponibilità a prendersi dei rischi, unitamente ad un’accentuata predisposizione a rompere tradizioni consolidate e schemi precostituiti” (Ivi, p. 13).

Ma la sfida più dura per coloro i quali si presentano sotto il simbolo delle 5 Stelle rimane la stessa, e ad un livello di difficoltà molto maggiore delle prove amministrative che hanno sinora affrontato: passare dalla consapevole ostentazione dell’essere outsider alla messa in pratica di tale strategia; dalla critica alle regole e convenzioni della politica alla resistenza alle stesse, in nome della propria libertà d’azione; dall’antipolitica militante all’antipolitica al governo.

  di Christian Ruggiero