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«Il berlusconismo ha lasciato un’impronta politico-culturale in molti italiani, compresi ambienti insospettabili». Così Ingroia risponde alle dichiarazioni del Primo Presidente della Cassazione, Lupo, e del Procuratore Generale della Cassazione, Ciani, che avevano espresso forti perplessità sull’opportunità che i magistrati, in particolare quelli mediaticamente sovraesposti, intraprendano la carriera politica. L’accusa, nemmeno tanto velata, è che alcuni magistrati sfruttino la loro popolarità per fini politici.

L’obiettivo nel mirino è lui, Antonio Ingroia, visto che, negli anni scorsi, questo tema non è mai stato citato fra quelli principali all’inaugurazione dell’anno giudiziario.

«Pretendo che la mia attività da magistrato venga giudicata in base alle sentenze e alle condanne ottenute e non in funzione della carriera politica che sto intraprendendo ora», ha aggiunto Ingroia, ipotizzando anche un legame fra le accuse degli alti magistrati contro di lui e il suo impegno sulle indagini sulla trattativa Stato-mafia.

Ciani e Lupo non sono i soli a porre in evidenza il tema dei magistrati in politica, poichè anche diversi Presidenti di Corte D’Appello e lo stesso Segretario dell’Anm, Mauro Carbone, chiedono paletti rigidi e regole chiare «per evitare ombre sull’operato dei magistrati». «L’ombra sulle istituzioni la gettano i parlamentari inquisiti e condannati, non io» ribatte Ingroia. Lo scontro è aperto e la sensazione è che siamo appena all’inizio.

di Giuseppe Licinio
RadioSapienza

Ascolta l'audio dell'intervista: https://soundcloud.com/giuseppe-licinio