La campagna elettorale è in pieno svolgimento, ai politici è interdetto (almeno teoricamente) l’accesso ai programmi di intrattenimento, e l’attenzione degli analisti si concentra ancora una volta su quelle trasmissioni di infotainment che dell’intrattenimento son figlie predilette. Le polemiche sull’intervista di Barbara D’Urso a Silvio Berlusconi sono ormai smorzate, ma uno sguardo al passato riporta una verità interessante.
Uno dei tanti fenomeni legati alla popolarizzazione della politica (Van Zoonen, 2005; Mazzoleni, Sfardini, 2009) è la tendenza che hanno seguito le trasmissioni di intrattenimento – quelle che nel vecchio lessico dal sapore apocalittico erano i programmi d’evasione – ad includere la politica nei temi trattati, assieme al gossip, alla moda, allo spettacolo ecc. Ovviamente, sia la scelta degli ospiti, quasi mai leader dei partiti (Mazzoni, Ciaglia, 2012) sia le modalità di costruzione del racconto, seguono lo schema del puro intrattenimento.
Bisogna però considerare che in un paese come l’Italia, nel quale il mercato televisivo è fortemente concentrato nelle mani in pochi competitori, questa tendenza non sfugge ad un più generale decadimento del genere legato alle esigenze dei gruppi editoriali di riferimento. Per essere più chiari: le reti Mediaset, se in alcuni programmi di approfondimento come Matrix, mantengono una giusta dose di equilibrio e imparzialità, in quelli di intrattenimento si preoccupano meno di essere schierati e faziosi.
L’intervista di Barbara D’Urso a Silvio Berlusconi, andata in onda domenica 16 dicembre 2012 all’interno del contenitore domenicale di Canale 5, Domenica Live, ne ha addirittura offerto una dose più che esplicita. Grazie ad un ruolo della conduttrice in sostanza residuale la puntata ha presta il fianco agli affondi del Cavaliere che in tutti i sensi ha giocato in casa. Il senso che se ne ha è quello di una narrazione costruita e concordata prima; tesi che troverebbe un’ulteriore conferma quando, convinto di non essere in onda, Berlusconi istruisce la conduttrice sulla prossima domanda che vorrebbe gli si rivolgesse [1]
Eppure non è la prima volta che i politici del centrodestra, ospiti della D’Urso, abbiano ricevuto atteggiamenti compiacenti se non vere e proprie ospitate per guadagnare consenso. Più di tre anni fa, Nella puntata del 29 novembre 2009 di Domenica Cinque (questo il nome del contenitore domenicale di allora), sempre su Canale 5, la D’Urso costruiva uno spot di mezzora abbondante all’allora Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione del governo Berlusconi, Renato Brunetta.
Dalle 15:05 alle 15:38, il ministro viene intervistato senza contraddittorio. Le domande sono di tipo biografico ed intimistico ed affrontano l’infanzia, la formazione, le storia d’amore, gli hobby, persino il “mancato premio nobel”. Brunetta racconta di come aiutasse il papà in un banchetto, o facesse il fotografo per ragranellare qualche soldo. Brunetta diventa il protagonista di una favola a lieto fine, lui figlio di una povera ma felice famiglia di nove persone, che non poteva permettersi di comprarsi il gelato, era riuscito a diventare una personalità importante.
La conduttrice non incalza mai l’ospite ma anzi ammicca, sorride, applaude, quasi come una fan, e lo encomia con frasi come: “Meno male che ha fatto la riforma sui fannulloni, i lavoratori le sono grati” ; oppure spiega che, quando ha detto in giro che ci sarebbe stato come ospite Brunetta, la “gente”, “sia quelli di destra che di sinistra”, ha risposto dicendo: “ammazza che ospite interessante, vedrò la puntata”. In più la conduttrice non manca di fare un siparietto promozionale agli ultimi due libri di Renato Brunetta.
L’ospite afferra subito l’andamento dell’intervista che è palesemente concordata, tant’è che quando Brunetta “dimentica” un fatto o un dettaglio concordato che già la conduttrice conosce, quest’ultima si ferma e chiede all’ospite di specificare con frasi tipo “diciamo la verità, lei…” oppure, introducendo un tema privatissimo, magari dell’infanzia, che il solo intervistato conosce, inizia la domanda con “io so che lei una volta…” . Messo a suo agio, l’ospite si lascia andare a frasi a effetto, talvolta coniando delle vere e proprie massime, (“Anziché scrivere e raccontare, ho deciso di fare le cose, di sporcarmi le mani con la politica”; “Sì, vivo sotto scorto da 26 anni perché alcuni, BR e simili, mi vogliono uccidere”; “A scuola ero il primo della classe che però passava i compiti”; “Per fare delle belle fotografie serve solo il cuore“). Ogni intervento di Brunetta si conclude con gli scroscianti applausi del pubblico istruito di figuranti.
Il lato personale dell’intervista si estremizza con Brunetta che per tre minuti spiega la ricetta della sua pasta e fagioli, oppure quando descrive la sua fidanzata.
Il risultato finale è un grande spot del ministro che appare uno studioso serio e prossimo al nobel, una persona che pensa al bene degli italiani, religioso (ha una madonnina vestita e restaurata da lui), con senso del dovere, capace, moderno, coraggioso (vive da 26 anni sotto scorta).
Non è presente alcuno spunto anche lontanamente critico ma anzi, la D’Urso, offre al ministro la possibilità di ribattere ai giornalisti, non citati per nome, che fanno “cattiva informazione” solo perché, secondo Brunetta, hanno riportato alcune sue dichiarazioni travisandole.
Un lontano precedente anticipatore di tendenze più recenti.
[1] Questa sensazione è stata negata da Barbara D’Urso che ha sostenuto che l’invito del Cavaliere era rivolto ad altre imprecisate persone; cfr. Silvia Fumarola, Intervista a Barbara D’Urso, in la Repubblica, 17/12/2012.