Tre punti di sospensione. Politica e media, un matrimonio inossidabile.

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Riflessioni sul saggio di Mario Morcellini - Media e politica alla prova del "nuovo" (dal testo Elezioni di tv. Televisione e pubblico nella campagna elettorale '94).

 

E’ forse vero che «l’unico consociativismo di questo paese sia stato il connubio tra mondo della politica e sistema della comunicazione»?(Morcellini, 1994, p. 18). Il consociativismo era uno stato temporaneo della politica che prevedeva una «gestione della cosa pubblica condivisa da forze politiche su posizioni ideali diverse o addirittura opposte che cooperano però nell’interesse generale della nazione» (Colarizi, 2007, p. 299). Ora, oltre al raggiungimento dell'obiettivo economico innescato con un governo composto daoutsider, che ridimensioni il bilancio pubblico, e appunto guidi e risolva la crisi economica, la politica sempre più sembra essere il partner ideale dei media: i primi in cerca di elettori, i secondi di percentuali che formeranno l’audience, da cui dipenderanno i contratti/profitti pubblicitari; entrambi uniti in un legame mediatico che solo un terzo soggetto può attivare: il cittadino, accendendo la tv, collegandosi sulla Rete, ponendosi al centro dell’incrocio tra media e politica. Questo centro sembra essere rappresentato dal ruolo fondamentale del talk sohw, questi ultimi così rilevanti a tal punto che sembra veritiero affermare che «dopo il berlusconismo, più che i programmi politici prevalgono i format [politici]»[1].

 

Mario Monti è stato un "tecnico" come lo fu Ciampi nel ’93, e la trasformazione dei partiti sembra ricalcarela metamorfosi del sistema politico degli anni Novanta. Sembra esserci un punto in comune con il recente passato storico-politico: l’avvento di «soggetti che sono stati quasi letteralmente inventati e moltiplicati dal mercato della comunicazione [...] dal Segni della stagione referendaria»[2], ieri, al Movimento 5 Stelle, su tutti, grazie alla figura mediatica di Grillo, oggi. Lo stesso vale per Monti che (forse) si appresta a candidarsi con una lista che non ha radicamento nella società ma solo nei poteri forti e nei mass media fiancheggiatori.

 

«Il ruolo dell’informazione appare centrale», soprattutto in televisione, vero dominatore nella cultura politica italiana; dal punto di vista del cittadino carente di nozioni politiche, (sembra il destinatario più appetibile per i talk show), l’attività politica sembra essere percepita come assente, circoscritta, al di fuori di programmi televisivi come Porta a Porta, L’Infedele, Ballarò, Piazza Pulita, Servizo Pubblico, lasciando crescere sentimenti anti-partitici, anti-politici.

 

Se la politica non funziona, è perché non funzionano nemmeno bene le persone nel loro ruolo di cittadini, e molto spesso le istituzioni non funzionano perché il più delle volte i cittadini non gli richiedono i servizi, e la risposta delle istituzioni, spesso,è lenta (a meno che non si abbia conoscenza diretta nei reparti della burocrazia).

 

Gli scandali legati all’appropriazione indebita dei fondi pubblici di Lega, Margherita, Regione Lazio, Lombardia, segneranno l'inizio di una «drammatica lacerazione nel tessuto di rapporti fiduciari tra società civile e mondo politico-istituzionale» e il ritorno di una fase caratterizzata dalla corruzione, sulla scia dell’«effetto Tangentopoli»? In una Europa segnata da scioperi collettivi, e in una Italia in cui «un mutamento accentuato e veloce del sistema politico e dei partiti» segnerà, molto probabilmente, la prossima campagna elettorale, come si comporteranno i media con i cittadini, e i cittadini con i media?

 

Se nel passato si poteva dire che «il mutamento di sistema politico si accompagna anche ad un radicale cambiamento delle regole e dei meccanismi elettorali», oggi si persiste invece con la peggiore legge elettorale partorita dalla “Seconda” Repubblica.

 

Infine, osserviamo un panorama in cui: i media sono diventati talmente veloci da sembrare fermi, come i propri utenti; la politica anche sembra aver cambiato motore per inseguire i media, e mantenere una certa visibilità. Politica cosi visibile e numerosa, dove a rapportarsi con il circuito mediatico sono sempre gli stessi soggetti, pochi, da poter pensare che all’interno dei mezzi di comunicazione di massa il taglio dei parlamentari sia sempre avvenuto; i giornalisti stessihanno corso nella “staffetta” media-politica, staccandosi dal “pubblico” della società civile; sembra che «il giornalismo stia soffrendo in modo particolare laddove la sua identità [...] e il suo ruolo sociale si [sono] indeboliti» (Morcellini, 2011, p. XX).

   

Bisognerebbe «ricordare che i processi di mutamento nella sfera politica e nelle tecniche elettorali si sono delineati in un contesto di crisi e di mutamento del mass media system». In un paese in cui la banda larga ancora non è diffusa, il digital divide è presente più di quanto non sembri, i mediasembrano sperare sul ritorno di Berlusconi, il quale garantisce una forte eco per se stesso e per i dirigenti dei media in termini di contatti. A parte Beppe Grillo, e in questo periodo il Senatore a vita, Presidente del Consiglio Monti, l'expremier è ancora «al centro di questo complesso intreccio di novità [...] nella competizione elettorale»?

 

Sembra poi utile riflettere sulla reale consistenza della crisi di sistema: se la politica è sconvolta, non vuol dire che lo sia anche la Repubblica in modo automatico; anzi la tenuta dell’impianto del ’48 sembra aver tenuto a galla i partiti nei momenti di grande difficoltà. E’ la politica che deve adattarsi alla Costituzione, non il contrario; i media non devono “mangiarsi” la politica nel ricercare il risultato di share e di pubblicità. Ma allora andrebbe cambiato un intero sistema di produzione, la Tv è ancora centrale nella vita delle persone, istruite e meno istruite.

 

I media sembrano di poco aiuto alla politica, non ai politici, spingono temi antipolitici che allontanano i cittadini alla partecipazione in ogni livello della società, cittadini la cui esperienza politica troppo spesso si ferma nell’azione dell’andare a votare. Allora non è anche un po’ colpa dei cittadini stessi, che si mobilitano solo se lo stipendio gli viene toccato e tassato? «In un contesto dove i mass media sono divenuti la principale fonte di informazione, se essi venissero meno alla loro funzione di trasmettere informazione politica, i cittadini sarebbero privati di ogni possibilità di esercitare un pur minimo controllo sui propri governanti con grave danno per il processo mediatico» (Campus, 2008, p.58), potrebbe crearsi una paralisi nel processo, già poco attivato, tra offerta politica e domanda dei cittadini. Sembra che l’offerta scavalchi la domanda politica di ogni soggetto civile, e le domande più frequenti che ricevono i soggetti al potere sembrano essere: c’è un posto di lavoro cosi mi sistemo questo mio figlio? «Oggi, il sistema dell’informazione e la politica [...] esprimono, più che un progetto di società fondato sulla giustizia e sull’equità [...] un progetto contro la società, a tutela di particolarismi e delle rendite di posizione» (Morcellini, 2011, p. 9).

C’è il rischio di alimentare, in maniera pericolosa, la cultura familistica/clientelare, che invece di essere combattuta è accettata pur di garantire un impiego stabile per i propri figli; e sembra vero che lamentarsi è sempre la strada più facile, invece di capire i problemi, ponendoli, e realizzando la domanda politica.

 

di Valerio Fuscaldo



[1]Aldo Grasso citato da Alberto Statera in Affari&Finanza24.sett.2012 pag. 5.

[2]Le citazioni, dove non specificato, sono prese tutte da Mario Morcellini (a cura di), Elezioni di tv. Televisione e pubblico nella campagna elettorale ’94, Genova, Costa & Nolan, 1994.