Silvio Berlusconi e le donne. Un rapporto che coglie al meglio una delle dimensioni più interessanti della “anomalia” italiana, la capacità del Cavaliere di fare delle sue avventure galanti, gaffes e piccoli scandali sessuali compresi, una parte della sua strategia comunicativa, che solo negli ultimi anni sembra dimostrare qualche cedimento (Ruggiero, 2010). E che pertanto avrebbe pieno diritto di ospitalità nell’articolo de “L’Espresso” nelle edicole venerdì 17 giugno; se non fosse che dall’accostamento tra l’analisi politica di Marco Damilano e il reportage fotografico di Antonello Zappadu emergono segnali contrastanti.
Articolata, completa ed equilibrata, l’analisi di Damilano parte da una intercettazione di Daniela Santanchè emersa all’indomani dei risultati referendari del 12 e 13 giugno (“Qua crolla tutto…”) per descrivere i segni di quello che diversi osservatori sarebbe il crepuscolo del berlusconismo. L’eccesso di iniziativa di Tremonti e degli esponenti leghisti del governo, le richieste sempre più frequenti di esponenti politici e “ideologici” del Pdl che invocano il superamento della monarchia assoluta attraverso l’introduzione delle primarie, le incertezze sempre maggiori che attendono il governo in ogni consultazione in quel Parlamento che nel 2008 sembrava destinato ad essere una sorta di assemblea consultiva per le decisioni del Capo.
Parallelamente, corrono gli scatti di Zappadu, una sorta di mini-fotoromanzo la cui trama al contrario delude le attese. Soprattutto alla luce delle sequenze che hanno reso noto il fotografo, le immagini del 2007 che mostrano il Cavaliere “cacciato da Palazzo Chigi che si consola avvinghiato a un plotone di fanciulle”, e quelle del 2008 che mostrano “il premier ceco Topolanek nudo attorniato da ragazze altrettanto discinte mentre il padrone di casa si aggira sotto il patio” (Damilano, Zappadu, 2011). L’alternarsi degli abbracci che Berlusconi (con indosso quello che sembra una sorta di tutone blu) concede alle sue due ospiti (strette rispettivamente in un abitino rosa e in uno azzurro, mise pienamente nei canoni dell’abbigliamento estivo) sul terrazzo della villa; le parole bisbigliate nell’orecchio della dama in azzurro che secondo il fotografo provocherebbero le gelosie della dama in rosa; il rovesciamento delle parti, con Berlusconi che procede al fianco della dama in rosa rincorso dalla “rivale” in azzurro. Scatti di scandalosa normalità, che con qualche difficoltà potrebbero rappresentare la “solitudine” del potente, isolato nella sua villa in Sardegna in una domenica di sonnacchiosa routine mentre le schede che una ad una cadono nelle urne segnano una nuova crepa nell’edificio del consenso al suo governo. Ma che stridono con la cornice interpretativa evocata dall’ormai noto termine “papi”, rappresentando nella loro sobrietà il filo meno sgargiante della trama che l’articolo vorrebbe costruire.
Una scelta poco felice per “L’Espresso”, o il segno che, nell’equilibro tra i due termini che costituiscono il paradigma interpretativo della “politica dell’immagine”, il discorso politico sta riprendendo il sopravvento sulla “dittatura dell’immagine”?