Terzo polo a Cinque stelle

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Il vero terzo polo è il MoVimento “5 stelle” di Beppe Grillo. È questa una delle interpretazioni più ricorrenti sulla stampa quotidiana all’indomani delle elezioni amministrative.

Apre così Il Fatto quotidiano, con un articolo di Fabrizio d’Esposito, che sottolinea come l’affermazione principale di Grillo avvenga proprio a Bologna, città natale di Fini e Casini, leader di quel terzo polo che esce dalle urne più traballante che mai.

Sulla stessa linea anche Il Giornale, Avvenire, Il Sole 24Ore e il Corriere della Sera. Unica eccezione è la Repubblica che modera i toni e - con l’eccezione di Bologna, definita “città laboratorio” - evita di dare troppo risalto al risultato dei grillini.

In generale, però, prevale l’enfasi sul successo del MoVimento Cinque stelle. Eugenio Fatigante su Avvenire gli dà una valenza politica forte definendolo: “Un risultato ‘pazzesco’ che segna uno spartiacque: il movimento assume dimensioni da partito”.

Ricorre a toni enfatici anche il Corriere della Sera dove Alessandro Trocino scrive “Beppe Grillo celebra la sua Woodstock elettorale con un piccolo boom che irrita soprattutto il centrosinistra, anche se i grillini pescano pure dal centrodestra e dagli astenuti”.

Nello stesso articolo viene anche sottolineato un altro aspetto ripreso da molti: la contrapposizione con il Pd: “per poco non sono stati decisivi pure a Bologna dove Merola è rimasto sul filo del ballottaggio anche a causa del quasi dieci per cento ottenuto da Bugani”.

Per dare maggior risalto alla contrapposizione, uno dei criteri contribuiscono alla notiziabilità degli eventi, molti riportano le dichiarazioni dei maggiori esponenti del Pd, come quella di Enrico Letta, che commenta: “C’è poco da ridare per i voti di Grillo”. Sulla stessa linea la dichiarazione di Bersani, che dice ai grillini, “Mi rivolgo a voi in maniera amichevole ma rigorosa: è ora di uscire dall’infanzia e di scegliere”.

Quelle dei due esponenti democratici sono le uniche dichiarazioni di esponenti politici sul tema che abbiano avuto una visibilità ampia sui media.

Un secondo aspetto accentuato da molti è quello economico. Molti quotidiani riportano le cifre spese dai candidati sindaci, quattromila euro per il bolognese Bugani, settemila per il milanese Mattia Calise, “una cifra irrisoria confrontata coi 15 milioni della Moratti” come scrive Il Fatto Quotidiano.

I numeri sono un’altra delle costanti della notizia: le cifre percentuali riportate dal movimento nelle principali città italiane sono sempre riportate, soprattutto da chi intende enfatizzare il risultato del MoVimento.

Nessuno azzarda un’analisi del fenomeno. L’unico a fare un tentativo in tal senso – peraltro condito da una pungente vis polemica – è Maurizio Caverzan su Il Giornale, che prova a capire le ragioni dell’affermazione elettorale e le rinviene accostando i grillini ai movimenti qualunquisti e antipolitici e proponendo un paragone con la Lega Nord. L’articolo si dedica anche a esaminare le fonti mediatiche di questo successo: “Poco visibile se si eccettuano le recenti apparizioni regalate da Michele Santoro nel suo calderone del giovedì sera, trainato dalla verve iconoclasta di Beppe Grillo, Cinque stelle vive e prolifera in rete. Il blog dell’ex comico, che le cinque stelle le insegue anche in vacanza, è tra i più cliccati in assoluto, corroborato anche dagli interventi di Marco Travaglio. Poi ci sono le sinergie con il Fatto quotidiano, altro sponsor mediatico del grillismo”.

Pochi danno spazio ai commenti dei grillini. Un’eccezione è, ancora una volta, la Repubblica, che riporta un virgolettato di Bugani: “E adesso smettete di insultarci, non siamo un movimento di protesta, non siamo i ragazzini di Grillo che urlano vaffanculo, siamo un movimento di cittadini”. In qualche modo tuttavia, proprio riportando questa dichiarazione condita di turpiloquio l’articolo intende in qualche modo rinforzare l’immagine di un movimento cin i pantaloni corti, ancora immaturo per aspirare al governo.

I commenti al risultato dei grillini non escono, dunque dallo schema politico dominante, che vuole l’interpretazione dei fatti sempre e comunque sacrificata alle convenienze di partito, di corrente o di cordata.

 

di Gianluca Giansante