La rivincita della politica sul pop?

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Dopo il grande successo della prima puntata del format Vieni via con me, trascinato un po’ dall’inedito tandem Fazio-Saviano, un po’ dalle numerose polemiche che hanno preceduto la messa in onda, un po’ dal sempre scoppiettante Benigni, i riflettori si riaccendono sulla seconda puntata: parteciperanno Fini e Bersani? La questione è interessante sotto due aspetti, tra loro collegati, e che portano la riflessione attorno ai due poli del termine, apparentemente ossimorico, di “politica-pop”.

La parte più coraggiosa dell’esperimento di Vieni via con me è forse la scommessa su un format di medio-lungo periodo, piuttosto che su un one-shot-event. Per fare una proporzione un po’ indebita, su un Annozero più che su un Raiperunanotte. Fermarsi alla prima puntata sarebbe stato possibile, il pubblico aveva decretato il successo della trasmissione, Fazio aveva confermato il suo ruolo di conduttore impegnato ma senza partigianeria, Saviano quello di vate laico dell’Italia nell’era del berlusconismo. La carica politica dell’evento, come dimostrano i commenti e gli spezzoni che da una settimana rimbalzano sulla Rete, era affidata prevalentemente alla performance di Benigni, che aveva d’altronde già tenuto a battesimo una svolta “pop” della politica nostrana già nel 2001. Ormai quasi dieci anni fa, la definizione della “posta in gioco” delle elezioni politiche veniva infatti impostata dall’irriverente intervista del Fiorentino a Il Fatto Enzo Biagi, e da quella di Marco Travaglio a Satyricon di Daniele Luttazzi (Mancini, 2001).

Realizzare una seconda puntata implicava necessariamente trovare uno o più ospiti la cui carica spettacolare fosse pari a quella di Benigni e dei suoi ormai famosi e politicissimi, oltre che comici, monologhi. L’azzardo del duo Fini-Bersani rappresenta, tanto per la trasmissione quanto per gli illustri ospiti, un tentativo di scommettere sulla “politica”. Pur protagonisti indiscussi del dibattito istituzionale, nessuno dei due leader è quel che si definirebbe un politico da palcoscenico. Il leader del Pd, oggetto prediletto della satira “di sinistra” come rappresentante di quell’Italia che produce lamierino ondulato e isolante per sottotetti (Michele Serra, Col biplano contro i gay, 18/06/2010), può aspirare piuttosto a incarnare una versione riveduta e corretta della “forza tranquilla” di mitterrandiana memoria, e in questo senso sembra andare la campagna pubblicitaria affidata alla ABC Comunicazione. Il Presidente della Camera, nonostante l’attenzione mediatica concentrata sulla sua figura parallelamente all’aprirsi di sempre nuove crepe nella struttura portante del Pdl, sembra essere riuscito a mantenere la connotazione di difensore delle istituzioni contro il “cesarismo” berlusconiano costruita a colpi di fuori onda prima e di videomessaggi poi, senza contare le pubbliche contrapposizioni con il co-fondatore del partito in occasione del Congresso dell’aprile di quest’anno. Mentre la polemica giornalistica, per bocca di Fabio Fazio, rievoca il più tradizionale (e funzionante) antesignano della par condicio, il Manuale Cencelli, questa sfida tra la politica e il pop resta in secondo piano. Ma non è per questo meno avvincente.

  di Christian Ruggiero