Inizio settembre 2010: l’America e il mondo intero si stanno preparando a celebrare il nono anniversario dell’attacco alle Torri Gemelle, prendendo in considerazione l’idea di costruire su quel luogo, non più simbolo della finanza globale ma del terrorismo a sfondo religioso, una moschea ed un centro islamico.
Per mostrare la propria contrarietà al progetto, il pastore protestante del “Dove World Outreach Center” di Gainsville (Florida), Terry Jones, annuncia il “Koran Burning Day”, un rogo di 200 copie del libro sacro dell’Islam. La notizia (?) è ripresa da tutti i media e rimbalza in pochi secondi nelle redazioni di tutto il mondo, sollevando naturalmente un vespaio di polemiche, critiche e anche dichiarazioni di sostegno.
10 settembre
Teheran: Il presidente Ahmadinejad – durante una riunione in cui era presente anche l’ayatollah Ali Khamenei – ha bollato il progetto del reverendo Jones come un “complotto sionista”, che “accelererà la caduta e la distruzione dei sionisti e i loro protettori”.
Afghanistan: il presidente Hamid Karzai ha dichiarato che il pastore della Florida “non deve nemmeno pensare” a gettare al rogo il Corano. Dopo la preghiera di fine Ramadan, circa 10.000 persone hanno iniziato a protestare a Faizabad, davanti alla base militare Nato ed un manifestante è rimasto ucciso. La protesta si è quindi estesa ad almeno altre cinque province afghane e, nella provincia di Naghar, i capi tribali hanno promesso di attaccare le basi militari occidentali se il Corano verrà dato alle fiamme.
Pakistan: a Multan, nel centro del Paese, centinaia di persone hanno bruciato in strada bandiere americane, mentre grida di allarme sulle possibili conseguenze ed inviti alla calma sono stati lanciati dalle massime autorità spirituali: l’Imam della Mecca (primo luogo sacro dell’Islam), Saleh Ben Humaid e l’ayatollah Ali Al-Sistani, faro spirituale dell’Islam sciita.
Preoccupazione è stata espressa anche dal presidente dell’Indonesia (il paese musulmano più popoloso al mondo, dove si erano già tenute manifestazioni contro il pastore Jones) e della Malaysia, nonché dal segretario generale dell’Interpol Ronald Noble. In Egitto, i Fratelli Musulmani hanno chiesto ai paesi islamici di espellere i diplomatici statunitensi in segno di protesta. Sia a Gaza che in Cisgiordania, migliaia di persone hanno sventolato copie del testo sacro in una manifestazione organizzata da Hamas al grido “Il Corano è la nostra costituzione”, mentre il primo ministro israeliano, Benyamin Netnyahu, ha definito l'eventuale rogo un gesto “irresponsabile” e un pericolo per la pace.
12 settembre
Afghanistan: altre due persone sono morte in seguito alle ferite riportate durante le proteste contro il rogo del Corano annunciato dal reverendo Jones, seppure ormai ritrattato.
13 settembre
Kashmir - 13 morti e 75 feriti sono il triste bilancio di una violenta protesta organizzata nel Kashmir indiano (regione a maggioranza musulmana rivendicata dal Pakistan) contro il falò dei corani annunciato per l’11 settembre. Le forze di sicurezza hanno sparato sui manifestanti che avevano assaltato e incendiato una scuola missionaria cristiana.
Il governo indiano ha invitato i media a non diffondere la notizia dell’iniziativa del pastore Jones per evitare di eccitare ulteriormente gli animi.
15 settembre
Dopo i numerosi assalti a scuole e centri cristiani dei giorni precedenti, interviene papa Benedetto XVI per chiedere che “il rispetto della libertà religiosa e la logica della riconciliazione e della pace prevalgano sull'odio e sulla violenza”.
Il Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso aveva già espresso la propria posizione tramite una nota: “A quei deprecabili atti di violenza, infatti, non si può porre rimedio contrapponendo un gesto di grave oltraggio al libro considerato sacro da una comunità religiosa. Il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso ha accolto con viva preoccupazione la notizia della proposta di un ‘Koran Burning Day’ per l’11 settembre, anniversario dei tragici attacchi terroristici che nel 2001 causarono numerose vittime innocenti e ingenti danni materiali. Ogni religione, con i rispettivi libri sacri, luoghi di culto e simboli ha diritto al rispetto ed alla protezione: si tratta del rispetto dovuto alla dignità delle persone che vi aderiscono ed alle loro libere scelte in materia religiosa”.
Naturalmente prese di posizione e dichiarazioni sono state rilasciate anche da molti altri politici e uomini religiosi, a partire dal Presidente degli Stati Uniti Barack Obama. E tutto ciò perché i mass media hanno dato rilevanza alle parole, evidentemente dissennate, del pastore della piccola chiesa dei rinati “Dove World Outreach Center” (circa 50 membri) nella cittadina di Gainesville (poco più di 100.000 anime, a cinquecento chilometri a nord di Miami) che ospita, nella home page del proprio sito, la pubblicità del nuovo libro di Terry Jones, “Islam is of the Devil” e che ha creato ora anche un proprio gruppo su facebook, l’International Burn a Koran Day, con più di 2.000 sostenitori. Dare voce e spazio alle parole di questo pastore implicherebbe prestare uguale attenzione alle altre migliaia di chiese, culti, denominazioni che rendono l’America un grande supermarket religioso.
La responsabilità dei media appare, in questa occasione, enorme, anche se i network americani hanno da subito preso le distanze dalle dichiarazioni del pastore. L’Associated Press ha dichiarato per prima che “non distribuirà le immagini e non fornirà descrizioni dettagliate di testo”, mentre l’Abc ha preso tempo per decidere continuando comunque a coprire il dibattito scatenatosi. Anche la Cbs “seguirà la storia mettendola nel suo contesto come faremmo per qualsiasi notizia”. Ma il punto è proprio questo: è questa una notizia? Una notizia degna delle prime pagine della stampa e delle aperture dei telegiornali nazionali?
I manuali di giornalismo insegnano che non esistono notizie, ma solo avvenimenti più o meno notiziabili. Sono dunque le routine produttive di newsmaking a rendere notizia un avvenimento. Occorre interrogarsi profondamente su quali siano oggi queste routine perché, rispetto ad un passato anche molto recente, oggi l’informazione viaggia velocissima per tutto il globo e, spesso, è proprio la velocità che non permette la verifica delle fonti e l’accuratezza dell’informazione che si sta dando al proprio pubblico.
Sebbene le spiegazioni per l’enorme putiferio alzato da questa “notizia” siano da ricercare anche nella complicata situazione politica e religiosa del mondo post-11 settembre, è innegabile constatare la responsabilità dei media nel decidere chi e cosa illuminare con i propri riflettori.