Si apre con una battuta l’incontro alla Sala Aldo Moro della Camera dei Deputati, per la presentazione del libro di Edoardo Novelli “Le campagne elettorali in Italia. Protagonisti, strumenti teorie” (Laterza, 2018). Quella di Paolo Mancini, che auspica che la casa di Novelli (e quella di Filippo Ceccarelli) siano un giorno aperte al pubblico, per poter vedere i loro archivi. Una battuta significativa, perché il libro, come quelli che l’autore ci ha regalato negli anni, è anzitutto un repertorio inesauribile di notizie, sulla comunicazione, sulla politica e sul progressivo sbiadirsi dei confini tra le due.
A due giorni dal voto, cosa resta della campagna elettorale appena terminata? L'Osservatorio Mediamonitor Politica ha monitorato 18 talk show tra serali e domenicali per le ultime quattro settimane, e, in attesa di risultati definitivi anche dal punto di vista scientifico, può iniziare a fare il punto almeno sulle parole che restano sul terreno della campagna.
La seconda settimana di rilevazione dell'Osservatorio Mediamonitor Politica si chiude con una domenica particolarmente ricca: Matteo Renzi da Lucia Annunziata, Luigi Di Maio da Barbara D'Urso, Silvio Berlusconi da Giovanni Minoli. Due gli elementi di interesse che emergono da una lettura incrociata di queste ospitate, uno legato, ancora, all'agenda di campagna, l'altro a una più precisa comparazione delle performances.
A tre settimane dal voto, la presenza di Silvio Berlusconi a Mezz’ora in più di Lucia Annunziata ha un pregio in particolare: il fluire, più stentato che in passato ma ugualmente incessante, delle parole del Presidente di Forza Italia riesce a restituire un’immagine consequenziale, se non coerente, di quella che finora sembra essere l’agenda di questa campagna elettorale. E facendo questo concede un po’ di respiro al corpo oppresso della telepolitica.
Le campagne elettorali non sono solo il contesto, ma anche l’oggetto di ricerca forse più interessante nel campo della comunicazione politica. È da questo presupposto che parte il libro di Cristopher Cepernich, “Le campagne elettorali al tempo della networked politics” (Laterza, 2017), attorno al quale s’è discusso oggi pomeriggio al Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza.
46.674 secondi, pari a quasi 13 ore. È il tempo che, nelle sette settimane precedenti le consultazioni del 4 dicembre 2016, i telegiornali della sera hanno dedicato al Referendum costituzionale. Si tratta del “tempo antenna”, dunque della somma dei secondi dedicati al racconto delle posizioni in campo da parte dei giornalisti (“tempo notizia”) e dei secondi in cui sono stati i protagonisti della politica italiana, schierati per il Sì o per No, a prendere la parola per esprimere la propria posizione (tempo parola).
L’ultima settimana (corta) di rilevazione sancisce un dato importante: il trend di copertura mediatica dei due schieramenti ha retto fino all’ultimo. Sul fronte del Sì, difficilmente le percentuali di copertura del Presidente del Consiglio in termini di tempo antenna e tempo parola scendono al di sotto del sessanta per cento. Sul fronte del No, fa il suo ritorno la componente leghista, che nelle scorse settimane sembrava “sottotono”, e confermano la propria forza, in uno scenario assai frammentato, la componente del MoVimento 5 Stelle, rappresentata da Luigi Di Maio, e quella che si riassume nella figura dell’ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Nella penultima settimana di campagna referendaria l’“effetto accozzaglia” sembra ridursi, e, di fatto, i contendenti che ottengono il maggior numero di secondi di tempo antenna e soprattutto di tempo parola fanno riferimento a tre forze politiche solamente: il Partito Democratico, Forza Italia e il MoVimento 5 Stelle.
La quinta settimana di rilevazione non porta novità sostanziali al trend ormai consolidato, una contrapposizione tra un Sì quasi monolitico, riferibile, soprattutto nei tempi parola dei tg della sera, per due terzi al Presidente del Consiglio Renzi, e un no multiforme e difficilmente in grado di trovare un punto di convergenza anche solo simbolica in uno dei volti che si affacciano allo schermo televisivo.
La cifra comunicativa di questa tornata referendaria non fa che confermarsi, compreso il media event che, anche questa settimana, distoglie per qualche tempo l’attenzione dei tg dal tema Referendum. Da una parte, un fronte del Sì compatto soprattutto nella gestione dei tempi di parola; dall’altra, una coalizione del No che raccoglie tempi antenna complessivamente maggiori ma che deve al tempo stesso scontare l’effetto “armata Brancaleone”.